In Italia vige il cosiddetto "civil law" (differente dal "common law", valido per esempio in Inghilterra), ovvero: le sentenze (se non quelle della Corte Costituzionale, la sola che può abrogare le leggi vigenti, spiegandone i perché e il come) non possono valere come leggi.
Le leggi in quanto tali son solo quelle promulgate dal Parlamento e che, per loro stessa natura, presentano una valenza astratta e generale: sono lo strumento da utilizzare per regolare gli avvenimenti a venire.
Una sentenza, invece, è l'applicazione di tali leggi a un fatto concreto: essa analizza un fatto avvenuto e valuta se ad esso sono applicabili una o più norme di legge.
Quindi si potrebbe dire che una sentenza della Corte di Cassazione non può valere come "legge",
Nel caso delle sentenze della Suprema Corte di Cassazione, parliamo dell'elemento di punta del nostro sistema giurisdizionale italiano e, seppur in misura differente, le sue sentenze (o "pronunce") restano fonti autorevoli che si possono citare davanti a un giudice.
Questo non significa che il giudice sarà costretto ad applicarle nel caso contingente, ma è molto probabile che egli ne terrà conto perché è consapevole che il suo ignorarle a prescindere, porterebbe in seguito le parti in causa a fare un nuovo al ricorso, per finire così (di nuovo) di fronte alla Cassazione.
Il modo in cui la sentenza è espressa:
Oppure